Moglie troia masturbazione e sesso hard

   22/11/2007
  
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Sono appena uscita dal bagno, dove mi sono rilassata per una mezz’ora. Esco chiudendomi la porta alle spalle. Michele guarda la tv, stravaccato sul divano. Mi avvicino da dietro, lo bacio, poi mi dirigo canticchiando verso la camera da letto.
– Ne berresti un po’ se facessi una tisana bella calda? – mi domanda.
– No, grazie, non credo. Caso mai più tardi – rispondo.
Richiudo la porta alle spalle. Voglio solo sdraiarmi, rilassarmi. Mi copro i capelli, ancora un po’ umidi, mi tolgo l’accappatoio e finalmente mi allungo sul letto. Chiudo gli occhi, ed è naturale, ad un certo punto, che mi sfiori il sesso.
Ho in mente un’idea per questa sera, e le carezze che mi sto dando sono ancora più piacevoli. Comincio a pensare a come sarà, alla faccia che farà Albert, che ama qualunque cosa io inventi, al piacere che proveremo.
Le dita intanto mi procurano brividi di piacere. Mi alzo malvolentieri, ma è per prendere i giocattoli. Scelgo il fallo di lattice blu e lo spingo quindi in bocca, in profondità, mentre continuo a toccarmi…Questo fallo ha delle dimensioni robuste e m’immagino la figa aperta da quel coso. Non resisto molto all’idea di averlo dentro, perciò lo appoggio premendo sull’apertura della figa. I muscoli interni oppongono una leggera resistenza, ma io ci gioco, spingendo più volte il fallo con la forza sufficiente a darmi piacere, ma senza farlo entrare. Solo quando la schiena mi s’inarca dalla voglia lo affondo.
Non vorrei però che Michele entrasse nella stanza. Non perché abbia timore di farmi vedere in questa posa, anzi… vorrei proprio che mi vedesse, che guardasse la sua Elena accarezzarsi e masturbarsi con un dildo. Se non voglio che entri è perché ho altri progetti su di lui…
La mia dotazione di vibratori e  giocattoli vari è raddoppiata da quando non vivo più da sola. Quando faccio questi giochi, e non lo faccio raramente, l’eccitazione mi spinge a penetrarmi con velocità e forza sempre maggiori fino all’orgasmo. Adesso invece mi piace la sensazione, ma ancora di più mi piace l’idea che fra un attimo mi penetrerò anche il culo.
Allungo un braccio a prendere il piccolo fallo anale. Senza smettere di penetrarmi davanti, comincio quindi a forzare il buco più piccolo. L’eccitazione lo ha reso già più morbido, ma io me la prendo con calma, godendomi l’invasione di quel secondo corpo estraneo. Mi ci vogliono un paio di minuti per farlo entrare tutto. Quando è dentro, mi fermo un attimo, immobile.
Voglio abituarmi a quella sensazione di pienezza che sempre mi manda fuori di testa. Quando mi pare di non sentire più tanto i due dildo, ricomincio a muoverli lentamente, perché non ho fretta. Ma poi cambio idea ed estraggo il piccolo dildo dall’ano, appoggiandolo sul letto.
Prendo un secondo cazzo di lattice, quello che Michele mi ha regalato da poco, ben più grande di quello che ho appena tolto, praticamente uguale a quello che ho nella figa: lo cospargo di vaselina.
Avevo preparato il barattolo, lì a portata di mano. Ho pensato a tutto e ora mi metto in ginocchio.
Quando è bello unto, lo appoggio al culo, spingendo leggermente. Provo il solito, inconfondibile dolorino , ma durerà solo un attimo, lo so, e infatti subito il fallo comincia a scivolare dentro. La sensazione è molto più forte adesso e non riesco a trattenere dei mugolii mentre mi penetro a poco a poco fino in fondo.
Cosa pensa una donna quando fa questo da sola? Vuole solo godere? Non credo, è più probabile che goda di fare la troia, il che fa parte della sua vera e primaria natura. Così comincio a muovere contemporaneamente quei due oggetti dentro di me e il piacere che mi danno è intenso, perché mi sembra di essere sconcia. Comincio a sussurrare frasi sconnesse,  muovo la testa come se stessi negando qualcosa, con forza.
Il movimento dei due membri diventa scoordinato, ma sempre più efficace.
A tratti li alterno dentro, a tratti li faccio entrare insieme per sentire il più possibile la sensazione di sfondamento che adoro. Sento l’orgasmo pericolosamente vicino, così mi costringo a smettere. Con uno sforzo estraggo i due cazzi e li poso entrambi sul letto.
Devo essere rapida, indosso il negligé di pizzo comprato il giorno prima proprio per quest’occasione premeditata e mi riscopro i capelli.
Di soppiatto, armata dei due dildo, mi trasferisco in bagno, dove per igiene lavo per bene i due oggetti; mi ricospargo il buco di vaselina, poi me ne reinfilo uno nel culo. Gemo sommessamente, mentre entra facile, come è ovvio.
Il buco non ha avuto il tempo di stringersi. Vado verso il lavandino, piegandomici sopra a novanta. Getto fugacemente uno sguardo allo specchio, godendo della troiaggine di ciò che vi è riflesso, fissando quel volto sfatto riflesso a pochi centimetri da me. Fatico a riconoscermi.
Continuo a penetrarmi fino a quando mi sembra di essere sufficientemente elastica per l’ultima fase del gioco.
”Ora viene l’ultima parte, la più difficile”, mi dico.
Questo fallo è decisamente più largo del cazzo di Alberto, ed è proprio così che ora lo voglio. Voglio infatti che quello “vero” entri dentro di me, dentro il mio culo, come dentro il burro. Voglio dare a Michele l’idea di avere davanti una troia col culo sfondato.
La figa, come mi capita sempre quando qualcosa m’incula, sta colando umori densi e trasparenti. Quando capisco di essere abbastanza larga lascio il fallo ben dentro e mi avvio verso la porta. È piuttosto scomodo camminare con quel coso nel culo e mi fermo sullo stipite a guardare Alberto.
Lui, come da manuale, è seduto sul divano a fare zapping con il satellitare fra i vari canali, non porno data l’ora. In altri momenti ci sono anch’io; in genere mi sdraio sulle sue gambe e mi eccito insieme con lui, ma stavolta Michele è lì tranquillo.
Mi fissa incantato, posando lo sguardo sul mio completino trasparente, sul ti vedo e non ti vedo.
Mi avvicino, attenta a non svelare cosa ho ancora infilato dentro. M’inginocchio davanti a lui, lui sta già sbottonandosi la patta… mi prendo in bocca il cazzo già turgido, ma solo per un attimo. Mi metto quindi un po’ goffa a gambe allargate al di sopra della sua pancia, il sedere quasi sulla sua pancia.
– Ho una sorpresa per te – gli dico – toccami.
E lui mi tocca, sentendo e vedendo subito il corpo di lattice che mi esce ormai per diversi centimetri: mi guarda stranito. Io mi abbasso ancora e scendo piano sul cazzo, penetrandomi davanti con qualche difficoltà.
– Spingimelo dentro, nel culo – gli ordino con voce irriconoscibile. Poi gli abbraccio le cosce, cavalcandolo con furia crescente. La doppia penetrazione è sconvolgente, mi fa uscire fuori di testa, l’idea di avere un cazzo nella figa e un dildo nel culo.
– Ora staccati un momento e levalo, poi mettici dentro il tuo. Ora! – gemo poco dopo, riappoggiando un piede per terra per aiutarlo.
Alberto, incapace di rispondere, eccitato da quello che sta succedendo, obbedisce senza fiatare. Estrae il fallo di lattice e con un piccolo movimento del bacino m’infila il suo membro su per il culo. Entra come nel burro.
Io già mi dimeno come un’ossessa, infilzandomi con tutto il peso sopra di lui. Premo con il culo sulla sua pancia con una gran spinta all’indietro. Vorrei ci fosse anche Stella a guardare, lo ripeto più volte, e smetto di nominarla solo quando anche Michele fantastica che prima o poi le avremmo raccontato tutto.
– Questo sarebbe troppo anche per lei!
Ma io ho in serbo l’ultima sorpresa, l’ultimo oltraggio al pudore. E non ho alcuna intenzione di rinunciarvi.
– Anche l’altro, voglio anche l’altro, dai, nella figa, dai!
Michele sta per venire ormai, ma riesce a rimandare il momento di quei pochi secondi necessari ad infilarmi il cazzo di lattice nella figa.
È un po’ complicato, perché l’acrobazia non è facile, mi deve tirare anche un po’ indietro; io mi aiuto con le dita e alla fine l’elasticità della figa compie il miracolo: lo spettacolo che ha davanti di me che godo in quella maniera e in quella posizione oscena è davvero dirompente: allora si lascia andare completamente, urlando tutto il suo orgasmo, il corpo teso come un arco, stravolto.
Anch’io, che ho rimandato anche troppo, che avrei dovuto venire già prima sul letto e poi in bagno, non ne posso più ormai, e per chiudere in bellezza, mi sfioro appena il clitoride con le dita tremanti.
Vengo con una potenza che ho sperimentato raramente, mischiando le mie urla alla voce roca di lui.
Poi è come la calma dopo la tempesta. Arrovesciata sulla spalla di Alberto, aspetto che il respiro mi torni normale. Quando il cuore smette di essere un tamburo suonato direttamente nel timpano, mi stacco piano da lui.
Mi sfilo dal suo bel cazzone ancora un po’ duro, poi da quello finto e corro in bagno a lavarmi.
Tornata accanto a lui, sfioro con un dito quel viso angelico che è ancora immobile, ad occhi chiusi, a godersi il dopo.
– E adesso… – dico sfiorando le labbra aperte di Alberto con un bacio – potremmo farci un bella tisana!

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