Sesso anale per la prima volta

   01/02/2008
  
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Le tette erano sospese nell’aria con i capezzoli appuntiti che sfioravano il lenzuolo. A pecorina sul letto spingevo il culo verso l’alto, nella posizione impostami da Fabio, determinato a infilarmi il cazzo fra le morbide pareti delle mie natiche.
Trattenevo il fiato, ma ero molto agitata, anzi avevo proprio paura. Mantenevo il viso premuto sul cuscino, terrorizzata mentre Fabio, per niente turbato, era alle mie spalle, determinato a portare a compimento il suo progetto.
Ancora oggi, dopo tanto tempo, mi tornano alla mente quegli attimi ogni volta che qualcuno mi scopa nel culo.
Nessunaltro uomo prima di Fabio era riuscito a convincermi a dare ospitalità fra le natiche a qualsiasi forma di cazzo. Fabio approfittò del potere che esercitava su di me e dell’amore che provavo per lui, per costringermi a subire le sevizie che m’impresse al culo.
– Deciditi a farti scopare nel culo o fra noi tutto è finito. – disse un giorno mettendomi alle strette.
Accondiscesi a farmi inculare per amore suo. Accettai di essere scopata nel culo, seppure con riluttanza. Avevo timore di essere lasciata e non volevo ritrovarmi senza un uomo accanto e per questa ragione accettai.
Prima di affondare il cazzo nelle mie viscere, si premurò di ammorbidire l’orifizio leccandolo a lungo tutt’intorno, provocandomi una gradevole sensazione di benessere indotta dallo sfregamento della lingua sulla pelle increspata attorno all’ano.
Prima d’incularmi lasciò cadere una minuscola quantità di vaselina sull’orifizio spremendola da un tubetto che si era portato dietro. La distribuì sull’ ano, poi fece breccia nella stretta apertura con un dito, dilatando il lembo terminale del buco. Lo ruotò più volte nella cavità senza provocarmi alcuna sofferenza fisica. Soltanto un lieve e gradevole prurito, poi inserì un secondo dito. Quando li tolse qualcosa di molto più consistente si accostò ai glutei e ne ebbi timore.
– Non ti farò male…
Furono le parole che Fabio pronunciò prima di spingere la cappella nelle mie viscere.
– Spingi fuori il culo!… Spingi fuori… dai! Come se stessi per andare di corpo. – gridò.
Urlai anch’io, ma per il dolore che mi provocò il cazzo mentre risaliva nell’ano distendendo la parete della cavità. Spaventata per il dolore e per l’umiliazione cagionatami da quello che consideravo un corpo estraneo che mi risaliva nelle budella, ruotai il bacino da un lato e la cappella scivolò fuori dall’ano liberandomi da un peso ingombrante.
– Ehi… che c’è?
– Niente… è che ho sentito un gran male. E’ un dolore tremendo, insopportabile.
Mi sentivo in soggezione e vittima della vergogna per ciò che mi stava accadendo. Rimasi raggomitolata su me stessa, sul fianco, con le ginocchia flesse e il capo curvo sulle tette.
– Dai, Fra non fare la stupidina, riproviamo…
– No, non voglio… sento troppo male. Non puoi obbligarmi a sopportare un dolore così intenso.
– Allora tentiamo un altro metodo, che ne dici?
Non risposi, rimasi a guardarlo mentre si metteva supino sul letto accanto a me. Mi ordinò di collocarmi a cavallo sopra di lui con le ginocchia leggermente flesse. Quando gli fui sopra prese il cazzo nella mano e lo accompagnò verso l’ano, premurandosi di sollevarmi le natiche ed allargarle prima d’incularmi.
– Non devi contrarre i muscoli e irrigidirti, lasciati andare quando senti che sto per penetrarti, rilassati dai… hai capito?
Rimasi immobile qualche istante prima di calare le natiche sulla cappella ed essere inculata. Presi fiato e sospinsi con tutta la forza che avevo in corpo l’anello dell’ano all’esterno, facilitando la penetrazione della cappella nel retto. Il cazzo sembrò lacerarmi i tessuti tanta fu la forza con cui risalì le mie viscere. Urlai a gran voce liberando la rabbia che serbavo in corpo. Avevo le tette gonfie per l’eccitazione ed i capezzoli turgidi, ma più di tutto avvertivo un grande dolore al culo.
Essere penetrata nell’ano si dimostrò diverso dall’essere scopata nella figa… molto diverso. La sensazione che provai fu di avere dentro di me un oggetto estraneo che risaliva nell’intestino arrecandomi solo dolore. Dolore e niente di più.
– Dai Fra, muovi ‘sto benedetto culo!
Da quella posizione, seduta sopra di lui, incominciai a flettere le ginocchia e incurvare il bacino facendo oscillare le natiche sul cazzo, traendone un indefinibile prurito, mischiato alla sofferenza fisica che mi procuravano le frequenti spinte della cappella che martoriava le mie viscere. Rimasi per lungo tempo con gli occhi chiusi senza guardare il volto di Fabio occupato a scoparmi nel culo.
Ansimavo respirando con difficoltà, mugolando ad ogni affondo, specie quando il dolore fu sostituito poco per volta dal piacere.
Il clitoride tornò ad assumere una propria vitalità. Incominciai ad accarezzarlo mentre Leonardo sospingeva il cazzo dentro di me. Non avevo cognizione di quella metodica, abituata com’ero ad essere scopata nella fessura attigua a quella dove Fabio stava affondando la cappella. Dopo l’iniziale disorientamento e le grida di dolore, cominciai a sbuffare come una giumenta quando è cavalcata dallo stallone.
– Stai godendo? – chiese guardandomi fisso in volto.
– E tu… e tu… sei soddisfatto? – farfugliai confusa.
Non diede riposta alla mia domanda. Chiusi gli occhi e iniziai ad ondeggiare con il corpo facendo piccoli movimenti. Fabio se ne accorse, posò le mani sui miei seni e cominciò ad accarezzarli, soffermandosi a pizzicare i capezzoli, poi prese a spingere con maggiore violenza la cappella dentro il culo per raggiungere l’orgasmo a lungo coltivato. Ogni spinta esasperava il dolore che mi procurava la presenza del cazzo dentro di me dilatando le pareti elastiche dello sfintere.
Una violenta scarica elettrica attraversò per intero il mio scheletro provocandomi un dolore acuto al pube. Morsicai le labbra trattenendomi dall’urlare come avrei desiderato. Fabio, per niente preoccupato delle mie sofferenze, proseguì nello scoparmi fintanto che venne eiaculando dentro di me.
Quando si staccò, estraendo del tutto la cappella, mi obbligò a rovesciare la schiena all’indietro. Collocò le mani sui miei polpacci, spalancandomi le gambe più di quanto riuscissi a tenerle aperte. Rovesciò la bocca sulla figa e cominciò a leccarmela, abusando nuovamente di me.
Tormentata dal fitto dolore al culo riuscii a godere del delicato piacere che sapeva trasmettermi la sua lingua. Scappucciato il clitoride, incominciò a leccarlo trattenendolo nella bocca facendomi raggiungere più di un orgasmo e proseguì a ciucciarmelo fino all’ultimo respiro.
Da quella posizione, con le gambe spalancate, tenute sollevate con la forza delle mie e delle sue braccia, m’inculò di nuovo. Stavolta, forse per la posizione anatomica da me assunta, provai piacere.
– Ti è piaciuto? – chiese quando mi riversai esausta sopra di lui.
Non diedi risposta alla sua domanda. Lo circondai con un abbraccio e sciolsi dal nodo la treccia di capelli biondi che depositai suo petto. Ero cosciente che il mio corpo era stato violato per la seconda volta dopo che qualcun altro, prima di lui, si era portato via la mia verginità. Era come se il mio corpo non mi appartenesse più. Per la vergogna mi misi a piangere, ma era troppo tardi.

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